Questi ultimi anni hanno visto l'affacciarsi sul mercato dell'arte di tanti nuovi acquirenti di opere, nuovi sia per fascia d'età che per categorie di collezionabili. Abbiamo infatti assistito ad un ricambio generazionale che rispecchia il modo di vivere odierno, creando nuovi settori di collezionismo e facendone quasi sparire altri. Vent’anni fa i collezionisti, in generale, acquistavano Arte Classica o, quelli più coraggiosi, opere del Novecento. Oggi invece i settori che sono cresciuti maggiormente sono quelli definiti pleasure assets: vini, auto, orologi da polso e persino borse; tutte categorie che prima neanche esistevano. Mentre le vendite di tappeti, argenti, mobili antichi e altri oggetti si sono ridotte a un lumicino, nuove tendenze, come le categorie di design, fotografie ed edizioni, si sono diffusamente sviluppate.
Questa nuova mappa del collezionismo ha comportato, ancor di più, l'esigenza di potersi far affiancare da un professionista, in quanto le necessità di management delle opere acquistate sono molto più ampie, varie e dispendiose, sia in termini di tempo che di risorse.
Ma in cosa consiste esattamente l'Art Collection Management?
L’Art Collection Management è quella complessa attività, a 360 gradi, necessaria per avere cura delle proprie opere d’arte e collectibles intesi come veri e propri asset artistici.
Pensare di poter detenere un quadro, un anello o una cassa di vino, che rientrino nella categoria di asset patrimoniale, lasciarli lì, dimenticarsene, significa non proteggere il valore della proprietà. Nessuno lascia un immobile sfitto e con le finestre spalancate; esattamente la stessa cosa è scordarsi dell’asset artistico.
Prima cosa è differenziare tra opere che hanno un significato come asset e quelle che invece svolgono una funzione decorativa. Questa differenziazione dipende dal patrimonio personale: quello che per un collezionista rappresenta una percentuale importante, per un altro invece può essere irrisorio. Per esperienza, suggerisco di considerare come asset una collezione che, in misura percentuale, raggiunge più del 3 o 5% del patrimonio personale. In questa definizione di asset, tendo ad escludere chi compra e vende opere d’arte per professione oppure chi lo fa per “investimento”.
La prima categoria si riferisce a professionisti, mercanti e galleristi, il cui core business è trarre profitto dall’attività di compravendita di opere d’arte, di qualsiasi categoria. La seconda tipologia, invece, fa riferimento a quei compratori che acquisiscono opere per detenerle per un breve lasso di tempo e poi rivenderle traendo un guadagno. Quasi sempre gli oggetti acquistati restano in magazzini e non vengono goduti personalmente.
Secondo elemento di differenziazione è la costituzione dell’asset artistico: è stato ricevuto oppure si è stati attivi collezionisti? In questo ultimo caso, molto spesso la conoscenza è approfondita, si possiedono i documenti ed esiste, sempre e comunque, un rapporto personale che può non sussistere nel caso di collezionista passivo. Il collezionista passivo necessita, ancor di più, di un art collection manager perché viene a mancare il rapporto diretto con la selezione, l’acquisto o, magari anche, la commissione diretta con l’opera d’arte. Nel caso, invece, del collezionista attivo, l’art collection manager può essere molto utile per preparare il passaggio generazionale o la vita futura della collezione stessa.
Una prima versione di questo articolo è comparsa all’interno della pubblicazione Il diritto e la fiscalità dei mercati internazionali dell'arte edita nel 2024 da Wolters Kluwer Italia.